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Avvento, L’attesa di Cristo e la nostra povertà

dalla “Grammatica di Don Gaspare” p. 22


Vien da pensare, a prima vista, che solo i santi e i giusti siano in grado di attendere veramente con gioia la venuta di Cristo: non i peccatori, che hanno in sé troppa difformità e dissomiglianza.


Ma non è così. Anzi si può dire che in certo senso i peccatori sono in grado di goderne ancora più che gli stessi giusti. Infatti il Figlio di Dio viene dal cielo per salvare quello che era perduto (Mt 18, 11). Egli stesso dice che viene a cercare i peccatori e non i giusti: Sono venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori (Mt 9, 13). Il nome che si impone facendosi uomo- nome annunciato per ministero angelico e solennemente spiegato – è Gesù, cioè Salvatore, colui che libera il suo popolo dai peccati (Mt 1, 21).


A noi peccatori, oppressi dalla miseria delle nostre colpe e detenuti vergognosamente nella schiavitù dei nostri vizi, è diretta e annunciata la visita del Re dei cieli: che ci vuole liberare con la sua grazia e arricchire dei preziosi suoi doni. Dobbiamo quindi sentire con maggior piacere la vicinanza di quel giorno così avventurato, felice e fausto per noi al di sopra di ogni umana immaginazione. Quella stessa nostra miseria che prima tanto ci confondeva e ci faceva quasi disperare, ora la vediamo diventare motivo di ricche speranze. E tutti coloro cui era nota l’antica nostra miseria, tutti ammireranno la sapienza e potenza di Dio che sa chiamare quelle cose che non sono come quelle che sono (cf Rm 4, 17) ed elegge le più abbiette e spregevoli del mondo per confondere le più forti (cf 1 Cor 1, 27).


Dica allora ciascuno di noi: Suvvia, povero mio cuore, rallegrati per la misericordia del Signore, ed egli adempirà tutti i tuoi desideri: cerca la gioia nel Signore, egli esaudirà i desideri del tuo cuore (Sal 36, 4). A te, Signore, ho sollevato le mie speranze, in te confido, né sarà mai che io abbia ad arrossire per aver sperato in te (cf Sal 24, 1).

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